“Te ofre an cafè?”
(Ti offro un caffè?)

Una foto cosi, a colori, scarna nella sua gratitudine.

Il cammino ad anello è sempre lo stesso, benefico, solitario, indulgente.

Permette nella lentezza del passo di riconoscere la stagione, il clima, l’arsura e l’umidità.

I rami secchi, le foglie, i getti, le zolle rimosse accompagnano, scandendo curve e rettilinei.
È un percorso misto, con il sole estivo la salita è caparbia, si estende in fatica, statica nel suo essere.
Si risolve in un rettilineo ornato di piante aromatiche e fiori: rose selvatiche, zinie, dalie,
protetti da infiorescenze bianche.

Velo da sposa.

È sposata da anni, racconta, di anni ne ha ottanta.
Indossa una maglietta bianca adornata sulle maniche di fiori blu, la gonna in tinta,
i capelli colorati di gioventù sono orgogliosi di piega appena fatta.
Occhi grigi, velati di saggezza.
Un sorriso che ha vissuto tante lacrime.

“Te ofre an cafè?”
(Ti offro un caffè?)

Come quasi tutte le mattine lei è nel suo giardino, toglie i fiori appassiti, rimuove la terra dei vasi.
Si pulisce le mani sul grembiule.

La conoscenza non serve per offrire o accettare un caffè.
Serve solo dire di sì.
La cucina è linda, tutto fermo agli anni cinquanta, la cucina economica, i gerani sul balcone.

“Te se brava ti, te se brava.”
(Sei brava tu, sei brava)
Lo ripete come un carillon mentre prepara il caffè.

Non ha tazzine, in casa usano i bicchieri, quelli della crema alle nocciole.
Bugs Bunny fa compagnia.

Una lieve sordità confonde i numeri e i cucchiaini di zucchero diventano quattro, li mette con grazia a sciogliersi nel calore.
È buono il caffè, dolcissimo, come le persone dolcissime che si incontrano per caso, lungo il cammino.

I complimenti prima del commiato sono sinceri, li merita per aver accolto come poteva,
la gratitudine si unisce ai passi che accompagnano alla porta d’uscita.

“Te se brava ti, te se brava.” (Sei brava tu, sei brava)
“No so dir altro, no so.” (Non so dire altro, non so)

Non serve.

Paola Pierobon