Familiarmente, la vita è fatta di scelte.


Ricordo quando entrai, una delle più importanti case editrici, un Mondo.
Mi fecero salire ad un piano alto, l’ascensore era in acciaio, mai visto.

Oggi si definisce solo in inglese, open space, quel giorno si chiamava in italiano, una valle di moquette grigio antracite, arredata di scrivanie, rese vive da persone.
Molte donne. Feci la passerella attraverso sguardi distratti, attenti, radiografici. L’abbigliamento che indossavo, scelto con cura la sera prima, mi si ritrasse addosso. Erano tutte elegantissime, modaiole con gusto.

“Che venga dai monti questa?”

Avevo capito cosa significasse sentire le voci. Eppure mamma mi diceva sempre che il classico non va mai fuori di moda. Sarei uscita volentieri.
“Ricordati sempre, figlia mia, dal collo in su tutta testa.”, il mantra di mamma. E’ il cervello che conta, non solo essere in ordine (classico detto suo).

Pronta per il colloquio. Padova – Milano.
A Padova lavoravo nella filiale di quella che allora era una delle più importanti società di pubblicità editoriale. A Milano, lo scoprii durante il colloquio di selezione, avrei fatto lo stesso lavoro, ma per una testata in Voga, Uomo e Donna, Triveneto.

“Lavorando con lei sui progetti che sappiamo, riteniamo sia la persona giusta a cui affidare questo incarico.”

Non so come mi sentii, confusa, felice, finalmente (finalmente non esiste, ma quel giorno esisteva) appagata di tanto impegno e dedizione. Milano, moda, eleganza, atmosfera, orizzonti tagliati su misura o pronti da portare. Nuove forme, differenti criteri di stile, tanti modi per comunicare con linguaggi sempre diversi.

Il direttore mi spiegò alcuni aspetti tecnici ed economici del contratto, non lo sentivo nemmeno, persa nei miei sogni di futura-milanese-che-lavora-nella-moda.
Tutto quello che per qualche ora e parecchi chilometri avevo lasciato alle spalle, era scomparso.
Erano tempi d’oro, fine 1984, inizi 1985. Tempi di cene aziendali, di omaggi ricercati, di rimborsi ACI, di benefici inaspettati.

“Ci pensi, Paola, non troppo. Tra poco a Firenze è Pitti Uomo e sarà il suo primo viaggio nel Mondo della moda. Le mando il contratto da firmare e le faccio prenotare una stanza all’Hotel Valdarno.”

La valle di moquette grigio antracite volò sotto ai miei piedi, ero vestita benissimo, aveva ragione mamma, la testa.

Era passata meno di una settimana.

Come accade sulla terra, arrivò la sera, il sonno. Il giorno dopo mi chiese di sposarlo, quando? Ottobre 1985, il cinque.
Mi sedetti, senza parole. Senza occhi e senza orientamento. Matrimonio, Pitti, carriera, amore, città, trasferte, lontananza, stabilità.
Fu il caos del cuore.

“Fai la scelta che senti, anche fosse Milano, ti sposo. Ci organizzeremo.”

Nel dirlo, percepii un velo di preoccupazione. La scelta era solo mia. La libertà in sé non esiste, esisteva la libertà di scegliere.
Ventiquattro ore di rito, poi telefonai.

“Direttore buongiorno, mi sposo. Grazie per la fiducia, rimarrà l’incanto di un futuro che non conoscerò.”

“Di matti ce ne sono tanti” rispose il direttore “uno più uno meno…”

E scelsi, ancora più convinta.
Che forse hanno inventato gli angoli per questo? Non si sa mai cosa riserva il futuro di una scelta. Scegliere bisogna ed è una dei passaggi più difficili. Per quanto si possa reiterare, sarà sempre la prima volta. Il coraggio aiuta, l’impegno ne è la sostanza. Una strada, per quanti angoli o curve abbia, da qualche parte porta.
Ci si potrebbe domandare quanto #oggi i #tempi incidano su di una #scelta rispetto al #passato. I tempi di allora permettevano di scegliere, competenza, impegno e, lasciatemelo dire, nonni amati e curati potevano essere sufficienti per rinunciare.

I miei figli sanno questa storia e stanno percorrendo la loro strada.

#ieri #oggi #scegliere #carriera #famiglia #workinwords