Ogni giorno si sta in attesa di qualcosa. Nel bene o nel male, fa parte di noi esseri umani crearci delle aspettative che dipendono anche dal comportamento degli altri, di “un altro”.

I fattori che dilatano o restringono il peso dell’attesa sono molteplici, il tempo, la competenza, l’educazione, le scadenze, il rischio, l’inaspettato, le coincidenze e influiscono sul conseguente atteggiamento.

Certo è che ciascuno di noi sa – o dovrebbe sapere – che il non fare o il non decidere costringe “l’altro” ad uscire per primo dalla propria confort zone.
Quali sono i meccanismi mentali che portano queste persone a non affrontare o a non confrontarsi, con una sordità che si potrebbe definire intellettuale?
Qualche risposta ci si può dare, mettendo al primo posto la paura.

Paura del risultato, del contraddittorio, della delusione o semplicemente della verità.

Questo non voler esporsi porta “l’altro” a barricarsi nella propria confort zone, nella speranza che non sbilanciarsi costringa chi è in attesa a scegliere o a decidere.

Non funziona così. Il senso di responsabilità è un pilastro in qualsiasi rapporto, di lavoro, di vita, di relazioni.
Chi non vuole capire o accettare questo Impegno di Qualità, è destinato a rimanere ai piani bassi della stima altrui; si chiederà più volte come mai, con un curriculum vitae, in senso esteso, molto nutrito, non goda di necessaria considerazione.

Confortiamolo: c’è sempre tempo per recuperare, con un bel bagno di umiltà che sciolga i confini di una zona che è solo una bolla apparentemente fluida.

#confortzone #workinwords