Si chiamava Vittoria. Il cognome poco importa, era un cognome tronco, finiva per “t”, duro, quasi acerbo.
A differenza di lei, grande donna e insegnante. Greco, i tre anni del liceo.

Insegnava. Verbo semplice, difficilissimo. Insegnare è difficile.
Fatto sta che la sua vittoria è stata quella di lasciare una lezione indelebile nella mente.

Solo una frase:
“Se non riuscite a studiare, chiudete i libri e andate a fare una passeggiata. Vedrete che poi la concentrazione torna.”

Era il 1975.

E’ il 2020.

La testa come un colapasta, succede anche a qualcun altro?
Non bastano appunti, block notes, applicazioni, allarmi sonori.
La confusione e la dispersione di tempo ed energie regnano sovrane.

Così si arriva a sera, domandandosi cosa si è fatto in tutta la giornata.

Che sia un… virus? La tensione a cui il corpo e la mente sono sottoposti in questo periodo di dura prova,
genera incertezza, equilibrio instabile, bisogno di solitudine, mal di pancia o emicrania.

Vittoria aveva ragione. Gli stati d’animo spesso non dipendono dall’incapacità o dalla scarsa volontà.
Sono sommatoria di eventi interni ed esterni, che incidono con intensità diversa.

Un lunedì non viene vissuto come un giovedì o un mercoledì.
Non è inadeguatezza, è umanità, con i suoi limiti e la sua capacità di assorbire o rifiutare.

Vincere è riuscire ad ascoltarsi, chiudere il libro del “bisogna fare” e aprire quello del “volersi bene”.
Due passi all’aria aperta valgono più di chilometri di pensieri ingarbugliati.

Magari poi viene anche fame.

Il colapasta torna utile, per quello che serve.

Vittoria!