L’appuntamento è per le undici, in azienda.

“Tra duecento metri gira a sinistra, la destinazione sarà sulla destra”. Meglio disattivare la localizzazione, mettere il telefono in modalità silenzioso. C’è sempre vento in quella zona.

Saluta, entrando con una corsa lenta dalla porta di ingresso. Saluta con gli occhi che si incollano agli occhi, non nel vuoto di chi non considera. Arriva in ritardo, si scusa. Il pianeta appare già diverso da altri.

Due parole si staccano dalla pacatezza del passo, le scale. Un uomo con gli occhi vestiti di neon saluta. Risponde. “Si può fare, si deve fare”. Poco importa capire cosa, importa capire il senso. Il senso va in alto.

Sulla curva che sale a gradini, tappi di sughero riempiono un’anfora in vetro.

Apre la porta di uno studio a due tavoli, sceglie quello che ascolta il sole. Bisogna stare vicini, uguali, rispettosi, accoglienti. Si sciolgono le spalle, fluiscono le parole. Fluiscono gli accordi, le idee, i ritmi, i pensieri. Come una carrozza, spinta in discesa da montagne russe di creatività, si uniscono sogni, progetti, fatiche. Ascolto. Stare in ascolto. Capire, capirlo, capire una Storia.

Anelli in argento, uno grosso, quadrato, seguono il ritmo delle sue parole. Il tono di voce ha il colore e il profumo del larice, serenità, sicurezza, equilibrio, autocontrollo.

Come un giornale mai stampato, un libro mai finito, scorrono pagine di vita, scorrono bambini nati uno dopo l’altro, emerge miseria, dignità, coraggio. Forza. La forza di una madre sorregge un concerto di bocche da nutrire, di anime da allevare, di giornate da vivere lunghe come l’Amore.

Di dignità si cresce, di rispetto in rispetto si diventa grandi. Dare il là ad un accordo, un’armonia e poi iniziare a volare. E’ fascino seguire il racconto di una realtà che si trasforma, crea modelli di vita da indossare. Materia con materia si mescola, si colora, si sfuma, si irrobustisce di lampi metallici. Ma l’Anima rimane con il larice dentro, con la gioia di vivere nelle immagini che la rappresentano.

Ascoltare è arte di pochi, dedicare del Tempo è la dote più rara. Le ore decidono di trascorrere in fretta, sono due, sono tante, come i tappi nel vetro. La quercia da sughero, un albero dalle mille risorse.

Gli strati distinguono il valore. Il sughero femmina è simbolo, qualità innate, la donna, la madre. E’ lo strato più liscio, raffinato, compatto.

Parla muovendo l’anello bombato, lo sguardo rivolto alla luce del fuori. La Madre è dentro, intensa, presente.

Si ascolta parlando, ascolta. Suggerisce, corregge, osserva, consiglia. Si esce dal tempo che si colora diverso, si entra in un tempo che fa passare la fame. Perché era fame, perché ora è successo. Imparare, scegliere, decidere. L’imprenditore non si inventa. Si suda, si plasma.

In sala d’aspetto tre sacchi di liuta riposano su panca di ferro. La Natura è ovunque, declinata e diversa.

Ci si può incantare guardando gli oggetti. Due peltri, una teiera e un piatto di vecchio modello, stanno di fronte ad un mobile chiaro. Accoglie chi entra. Saluta chi esce. Un ultimo sguardo, prima che un saluto concluda il percorso, apra una porta che dà sul selciato. Loro sono lì, in fila, composti. Sgabelli di ferro, un tappo gigante fa da appoggio al sedersi. Un tappo di sughero, bottiglia da aprire. Un simbolo, una certezza, una meta, ovunque è respiro, è la forza.

La forza di stappare un sogno.

Prosit.

Paola Pierobon, 11 aprile 2018