Fine di una vacanza

 

L’ Autogrill affollato, caldo opprimente del primo pomeriggio, un caffè per poter guidare ancora.

Indossa una tuta gialla, fosforescente. Pantaloni lunghi e un giacchino senza maniche. Il silenzio del suo porsi aumenta il disagio dell’afa. Con la lentezza che solo la stanchezza può dare, sfila dal contenitore un sacco nero, pieno di rifiuti. Lo alza, lo scrolla, lo chiude.

Prepara un sacco nuovo e lo inserisce. Chiude il pesante coperchio di ferro. Silenzio. Su di un viso scavato dalla fatica, bello, abbronzato senza mare e senza spiaggia, passa una mano che non asciuga il sudore. Il naso un po’ adunco, qualche ruga, una sessantina d’anni, sono incorniciati da capelli chiari, ordinati da una molletta rossa.

Alza gli occhi e mi guarda. Sto fumando, dopo il caffè, abbronzata di mare e di spiaggia.

Spezzo il mondo e il silenzio che ci separa. La ammiro Signora, le dico, è brava, con questo caldo… Banalità. Mi sorride, inizia a raccontare la vita di un Autogrill, mescolata alla sua. Lei non sa, mi dice con spiccato accento ligure, cosa vivo qui. A volte mi si spezza il cuore, oltre le gambe. La ascolto. Sarà madre, sarà figlia, sarà moglie. La saluto, portandomi da una vacanza il regalo più bello: un sacco pieno di dignità.