A mio padre

Lo ricordo seduto nella poltrona che viveva con lui da quando era ragazzo. Frau il suo nome, era in pelle, grassa, spessa, robusta.
Solo il tempo era riuscito a rosicchiare la pelle dei braccioli e a sbiadire l’appoggio della testa. Il bordeaux era, per il resto, quello di sempre.
Lisa e logora, Frau fu ricoperta di velluto, sparì l’odore di manufatto artigianale.

Lui si sedeva lì, a fianco la sua libreria; scorreva a mano aperta un pianoforte di libri, una tastiera di curiosità e conoscenza.
Si fermava e sceglieva un dorso rosso, inciso in oro. La prima stampa, Milano,1960.

Il libro racconta ancora di fucili a canne mozze. Con un colpo secco lo chiudeva, il ricordo di uno sparo.
La caccia portava inaspettati, colorati fagiani da pulire, foto in bianco e nero, opache come un tempo ormai finito.
Era cacciatore attento, mai improvvisato.

Era ingegnere attento, amava la natura.
“La seggiovia monoposto, di un verde scuro come i pini, deve rispettare le radici degli alberi, il ponte deve rispettare il fiume.” diceva.
Eravamo serissimi.

Gli piacevano le donne, ma con garbo e di carta.
Aveva una moglie severa e dall’udito finissimo.
Avevamo piccoli segreti nascosti alla Severa, ridevamo tanto.

“Queste sono donne!” mi diceva. E scorreva con l’indice le foto ritagliate da riviste femminili di Monica Vitti, Mina e un’altra che non mi sovviene.
“Papà…!” e ridevamo ancora.

Ladyfrau è una spolverata di memoria, delicata di matite colorate, dedicata a chi del proprio padre ha un intimo ricordo.
Un qualsiasi ricordo, in qualsiasi modo espresso.

Ladyfrau è il suo mondo, dove siede una donna, accoccolata sulla poltrona da dove lui sfogliava passioni umane e terrene.
Anche qualche sogno, o qualche segreto, condiviso con Paola.

“Ladyfrau” 60×80
Matite e carboncino su tela
Anno 2021