… e lei si sedeva con le gambe incrociate, ammorbidite di lato,
là dove la caviglia sottile inarcava il piede raccolto dietro l’altro.

Guardava davanti a sé la storia della famiglia in bianco e nero,
gli avi color seppia mostravano merletti.

Sembrava non ascoltasse, con le dita rapite da capelli ricci difficili da domare.
Il filo di perle faceva luce anche di notte, scendeva in bella mostra il fermo in rosette di diamanti.
I gemelli ora verde acqua, ora rosso corallo erano comodi.
Vestivano, senza essere troppo invadenti, diceva sempre.
I primi due bottoncini del golfino dovevano restare slacciati,
un pudico girocollo smanicato faceva da silenzioso compagno di viaggio.

La cornetta in bachelite nera non riusciva ad opporsi al tempo trascorso ad ascoltare e rispondere,
i fuochi sotto le pentole, cautamente spenti, potevano aspettare.
Era bella, coinvolta nelle nostre vite lontane, distrattamente riservata,
tenace nel ricordare impegni economici e di studio.

Bizzarra nello scegliere pietanze golose, chiedeva preferenze di gusto per il fine settimana in famiglia,
con la tovaglia ricamata.
Non amava le tovagliette americane, sono sciatte, rimarcava senza soddisfazione.

Di solito era mercoledì il giorno dedicato a condividere i pensieri via etere.

“Arriviamo venerdí sera con l’ultimo treno, mamma.”

Paola Pierobon