Che direbbe la Gioconda, vedendo il tuo sguardo? Sei inconfondibile, mia cara bambola.


Sei passata di casa in casa, ora in un salotto, ora sul cassettone di una camera.
Il tempo ti ha sporcata, sbiadita, hai delle brutte ferite, ma i tuoi occhi brillano come allora.

Tu sai la tua storia quale è? Te la racconto in breve, sennò lo sguardo imbronciato,
che mi impauriva da piccola, mi fa lo stesso effetto.

Primo ventennio del 1900, Torino.

Elena Von Koenig vive a Torino. E’ la figlia di un viennese, docente di astronomia
e di agraria presso l’Università di Torino.
Il padre di Elena l’ha sempre chiamata Elenchen, nome che lei da piccola pronunciava “Lenci”.

Amava le bambole.

“Ludus est nobis costanter industria” (Il gioco è la nostra continua ricerca)

Così nel 1919 Elena fonda la sua azienda per produrre bambole, l’azienda Lenci,
il nome era ufficialmente l’acronimo del motto.
Nasce il panno Lenci, prodotto dall’infeltrimento di fibre di lana pressate
poi a caldo all’interno di stampi metallici.
Le bambole vanno a ruba, note per la loro robustezza,
per la bellezza dei lineamenti del viso, spesso dipinti con il broncio.

La partecipazione alle rassegne dell’epoca, dalla Mostra internazionale di arti decorative tenutasi a Monza nel 1923,
all’Esposizione internazionale di Parigi nel 1925, all’Esposizione nazionale del 1928 a Torino,
concorre a determinare il successo della Lenci.

Due le date importanti che segnarono la storia di questa azienda: il 1928, anno in cui la Lenci
avviò anche la produzione di ceramiche, per tenere testa al mercato e il 1929, anno in cui iniziò il lento declino.

Pilade Garella, entrato nel 1933 come socio, poi diventato nel 1937 proprietario unico, tiene viva l’azienda fino al 1997. Nel 2002 ne fu decretato il fallimento e la chiusura definitiva.

“Sai che ti dico? Sono contenta che una personcina come te, alta un po’ più di cinquanta centimetri, non sia andata perduta.”