Bisogna ammetterlo, gli ospedali che non si conoscono mettono un po’ soggezione. Sono grandi come una cittadella o un villaggio turistico.


“Voi siete qui” aiuta a non perdersi. Aiuto. Sul fatto che “siamo qui”, tutti preferirebbero evitarlo.
Non si può.

Cartina alla mano, si imbocca il viale che porta al padiglione E. È rosa, sollievo cromatico.

La prima volta, primo giro di esami, si memorizzano le finestre, la porta di ingresso, la rampa di accesso alle auto. Il personale sanitario è cortese, preparato, paziente, accogliente.

La seconda volta, secondo giro, si memorizzano i volti dei pazienti e il numero, sette, il conforto è vicendevole. Cosa prendi, come stai, è da tanto che, mai stato/a qui, sono bravi, tanto male, poco male, dove abiti sono alcune delle domande che affiatano, si fa squadra.

La squadra sale, in fila indiana guidata dallo stesso infermiere della prima volta, al piano superiore per altri esami.
Una signora si sente male, si vede che è tanto sofferente e che, come tutta la squadra, non vede l’ora di essere operata.                                                                                                                                  L’operazione è la liberazione, spesso dopo mesi e mesi di dolore. Tanto il desiderio che finisca questo tormento, che sembra si debba andare ad una festa, invece che in sala operatoria.

Ci si saluta, ci si rivede tutti il giorno stabilito per l’operazione. Ciao, ciao.

Squilla il telefono, verso fine giornata. “Ci spiace informarla che l’operazione è sospesa, causa Covid.
Le faremo sapere.”
Come in un film, si rivedono le tante mascherine buttate a terra, i tanti volti scoperti, ignoranti, superficiali,
sorridenti. Torna alla mente la quantità di persone senza naso. E sí, perchè se il naso resta fuori dalla mascherina è come non metterla. Costoro sapranno che hanno un naso?

Cosa si deve dire a questi stolti? (stolto = colui che dimostra una ridotta capacità mentale e intellettuale)
Il dilagare del Covid penalizza chi, come questa squadra, è costretto a fare un passo indietro, perchè le rianimazioni e le terapie intensive hanno bisogno di operatori sanitari.
Ma se gli stolti continuano a sentirsi onnipotenti, sappiano che sono tante le persone che, per la loro idiozia, si devono tenere il loro dolore, vivere l’attesa senza tempo, rinunciare al sogno di riprendere a vivere con sana normalità nel tempo stabilito.

La squadra, nel frattempo, resta a casa.

Il padiglione E rimane rosa, unico sollievo cromatico che le rimane.

Paola Pierobon, 11 novembre 2020

(Ph web)