Ci si innamora, brutalmente, di una persona.


Nulla fuori luogo, nemmeno il termine, ineccepibile.
Nulla a che vedere con drammi o deliri inconsulti o sanguinosi.

Solo amore, espresso con qualsiasi gesto, parola, attenzione, coraggio o illusione.
È come se il cuore, foderato di velluto rosso, avesse appoggiato al suo interno un diamante grezzo.
I battiti ne modellano la forma, gli spigoli, le rifrazioni.

Senza sprecare, senza smussare, solo la mano esperta del Sentimento si fa luce, riflette, rischiara.

Si arriva ad amare così tanto, così ciecamente.

Il mondo intorno è soffice, d’ovatta, i passi di una coscienza attutiti, la voce di un amico inascoltata.
Non si sente, si ama.

Il corpo cura il portagioie, lo scrigno. Un futuro ora inespresso, ora evidente, anche ad occhi stanchi.
Il sogno di un caminetto accogliente, di un solo piatto con due forchette, di un abbraccio confuso tra capelli ormai bianchi.

Ed è.
E sarà.
E poi.

La pioggia, battente, insistente, d’autunno o d’estate in vetta.
Il velluto rosso si bagna, il diamante si opacizza: gocce.
Sarà cielo, sarà pianto.
Sarà.

La mano del Sentimento ripara, protegge, insiste, s’acceca.
Si ferma.
Tachicardia di un amore. Frullio di un sospetto.
Sonno per non vedere.
Veglia per pensare.

Il tempo, magnifico di nubi o di sole farà il suo corso, traccerà la volta celeste.
Deciderà.
Un giorno.

Su velluto rosso.