La voce

Si siede accanto a chi la sa ascoltare. Vestita di bianco, con quella calma che solo il dolore sa intonare, inizia a raccontare.

“Non avrei mai pensato di venire sconfitta. Credevo non succedesse, credevo fosse favola per bambini. I bambini non perdono, perdonano. Agli adulti non è dato. Credevo che la forza, quella che fa muovere le gambe e il cuore ogni mattina, fosse inesauribile. E’ quella stessa forza che serve per amare. Se ogni giorno mi risveglio, ogni giorno amo.

Credevo che nulla avrebbe scalfito le ossa, nessun vento avrebbe spazzato via il tempo, nessun buio avrebbe vinto la luce. Il coraggio, quello ci vuole. Credevo che parlarne, lo avrebbe reso immortale. L’amore. Fedele compagno di quotidiane battaglie.

E amavo, amavo tutto, perché  tutto sapeva di muschio, di erbe aromatiche, di essenze inebrianti. Costruivo castelli, sogni, vocaboli nuovi per poter dire l’amore. Per poter fare l’amore. Non quello vero, quello nell’erba, dove si perde lo sguardo o si perde l’anima.

Credevo che l’acqua servisse per specchiarsi, la baracca di legno per nascondere un bacio, la tenerezza per trasmettere mani. Credevo.

La sconfitta arriva, come sole che sorge. Acceca, confonde, distorce i profili. Neppure amare basta per vincere. Neppure attendere basta per sorridere.

Ho perso. Non ho vinto. Afona e senza forze, strido sillabando lacrime. Chiudo gli occhi dell’anima per non vedere, la bocca per non uscire. Scende, ai piedi stanchi, il vestito bianco. Qualcuno avrà sentito. Qualcuno mi avrà ascoltato.”

La voce si alza, solo un sussurro. Rimane muta, sola. Nessuno in ascolto.

dell’amore.